Dislessia e memoria

MemoriaMolti specialisti affermano che I bambini dislessici non hanno buona memoria specialmente a breve termine. E’ uno dei miti ricorrenti quando si parla di dislessia o di altre forme di comorbilità quali discalculia, disgrafia, disprassia, deficit di attenzione con o senza iperattività, ma sicuramente da sfatare.

Gli insegnanti, i genitori, gli psicologi, i logopedisti insegnano ai bambini tutti i meccanismi per la corretta lettura e scrittura ma essi dimenticano con facilità dopo uno spazio di tempo più o meno breve, così ogni volta occorre ricominciare da capo con ogni tipo di lezione. Si ricomincia a partire dalle famigerate sillabe e si continua con gli errori ricorrenti, con i digrammi, con il verbo avere, e si procede ritornando continuamente su ogni cosa fino all’effetto non voluto ma obbligato che il bambino o il ragazzo arriva alla conclusione di essere un perfetto imbecille ed i genitori arrivano alla conclusione di avere un figlio con handicap. Una considerazione alquanto sconfortante che porta effetti deleteri nel bambino che smette di sforzarsi e di imparare e nei genitori che, passato il primo momento della disperazione ed il secondo momento di lotta, si arrendono all’evidenza di avere un figlio che non può avere una carriera scolastica normale.

E così si inizia il processo per la certificazione della disabilità. Se la disabilità è nella matematica la certificazione parlerà di discalculia, se è nella lettura parlerà di dislessia, se è nella scrittura parlerà di disgrafia, se è nell’attenzione o nel comportamento si parlerà di ADHD ( Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) o in italiano DDAI (disturbo del deficit di ’attenzione e iperattività) o di ADD se il disturbo è solo il deficit di attenzione senza iperattività.

La difficoltà della memoria, specialmente a breve termine o memoria di lavoro è un mito che occorre immediatamente sfatare. I bambini dislessici, a parte naturalmente altre patologie o altro tipo di problemi, sono bambini generalmente intelligenti che hanno solo un modo diverso di imparare.

Ogni ragazzo ha un diverso stile di apprendimento, si avvale cioè, preferibilmente, di alcuni canali sensoriali invece di altri. C’è la persona che si avvale preferibilmente del canale uditivo, c’è quella che utilizza prioritariamente quello visivo o quello tattile o di quello gustativo o olfattivo o cenestesico, come hanno messo in evidenza molti studi sull’apprendimento ed anche la PNL (programmazione Neuro Linguistica).

Naturalmente non vuol dire che l’utilizzo di un canale o di un altro sia esclusivo, ma che quello è il canale privilegiato anche se in alcune occasioni o contemporaneamente usa anche altri.

Secondo Ronald Davis, ideatore di specifiche strategie di apprendimento, posizione che condivido pienamente dopo anni di esperienza, questi bambini sono “visual learners” cioè sono bambini che hanno uno stile di apprendimento che privilegia il canale sensoriale visivo, essi apprendono cioè attraverso le immagini.

Ne consegue che l’approccio fonico ( quello che abitualmente si usa nella scuola o nelle altre sedi per insegnare a leggere e a scrivere) per loro non è adatto, genera disorientamento e confusione che si traduce in mancato apprendimento. Ecco che poi il bambino non ricorda. I vuoti di memoria sono in realtà vuoti di apprendimento.

E’ quindi indispensabile essere consapevoli di come avviene il processo che sostiene la memoria.

Come avviene per il computer, ci sono tre momenti fondamentali:

1.Acquisizione dei dati siano essi sensazioni, suoni, rumori, immagini o percezioni di vario tipo. Il cervello acquisisce i dati della realtà attraverso i nostri sensi. In ogni momento migliaia di dati vengono registrati nel nostro subconscio. Siamo consapevoli solo della minima parte di essi. In questo momento giuoca un ruolo fondamentale l’osservazione consapevole con attenzione focalizzata. Gran parte delle cose che vediamo, sentiamo e percepiamo infatti sono quasi immediatamente dimenticate, poiché non abbiamo prestato loro attenzione. L’abitudine a osservare le cose con noncuranza va di pari passo con una pessima memoria. L’attenzione è stata spesso definita come “la messa a fuoco della coscienza” e l’osservazione con attenzione è la base per avere un’acquisizione dei dati più sicura. Anche se ciascuno di noi potrebbe trarre vantaggio da una attenta osservazione, pochi individui sono degli attenti osservatori e pochissimi sono quelli che hanno fatto dell’osservazione una professione come gli artisti, gli scultori ….

L’osservazione con attenzione è però una capacità che si può allenare e perfezionare.

Le impressioni poi non sono tutte uguali, qualcuna è vivida, qualche altra leggera, qualche altra colorata e qualche altra ancora è sfuocata. La forza di un’impressione dipende sia dall’interesse e dall’attenzione volontaria che vi si è dedicata ma anche e soprattutto dal grado emotivo con cui è stata vissuta. E’ più incisiva un’acquisizione effettuata con curiosità, passione e/o frutto di un insight che fa luce su un problema.

Inoltre l’acquisizione è migliore se la mente è libera da sensazioni esterne. Una mente tranquilla, non impiegata altro modo, sgombra da tensioni cariche di potenziale distraente

di vario tipo consente una più agevole immissione dei dati.

 

2.Immagazzinamento dei dati.

Tutto dipende dall’intensità della prima impressione, poiché essa è la base su cui poggiano quelle successive. E’ più facile ritrovare i ricordi che sono stati immagazzinati con attenzione e meticolosità, e che sono state acquisiti in modo chiaro e distinto.

Il cervello inoltre processa ed immagazzina le informazioni confrontando incessantemente il presente con il passato fino a costruire un mondo coerente di informazioni legate le une alle altre. Ne consegue un sistema di ricordi collegati ad altri precedenti attraverso legami associativi che ne consentono, successivamente anche il recupero.

Il segreto è, nell’immagazzinamento, di fare attenzione alle relazioni che legano le cose le une alle altre, più stretto è il legame, più rapido e semplice è ricordare.

  1. Recupero dei dati. Ciò che sappiamo delle cose è quanto ricordiamo di esse. Ne deriva che la conoscenza dipende completamente dalla memoria e, poiché la memoria dipende dall’attenzione, viene da sé che l’attenzione è il fattore determinante della conoscenza.

Herman Ebbinghaus, psicologo, filosofo e precursore degli studi sulla memoria, a cui è stata riconosciuta validità anche oggi, alla fine del XIX secolo, riuscì a creare una rappresentazione grafica della curva dell’oblio. Egli notò che un’informazione si dimentica con una certa rapidità solo dopo pochi minuti dall’apprendimento, ma nelle ore e nei giorni successivi si assiste ad un rallentamento progressivo dell’oblio ed una stabilizzazione del ricordo. Inoltre, dimostrò che una ripresa dell’informazione, talvolta vocale ma anche e soprattutto mentale era in grado di modificare il processo di cancellazione della traccia neurale. Quindi è possibile favorire la memoria a prescindere dalla distinzione che qualche studioso fa tra ricordare (processo della memoria per mezzo del quale le impressioni precedentemente memorizzate tornano a livello cosciente senza sforzi di volontà) e richiamare (processo della memoria con cui si fa ritornare alla coscienza, con uno sforzo della volontà, alcune impressioni precedentemente memorizzate).

Servendoci dell’immaginazione e della memoria non solo è possibile ricordare gli eventi, ma anche visualizzare immagini o sentire suoni. In alcuni individui questa capacità è particolarmente sviluppata, tanto che sono in grado di visualizzare un’immagine nella mente o udire un suono con la stessa nitidezza del momento in cui quella sensazione si è prodotta. Gli artisti e i musicisti ne sono un esempio.

Per un valido ed effettivo apprendimento, che, come abbiamo visto, è alla base della memoria, occorre un processo che tenga conto di fattori diversi :

  • Creare o individuare le strade per suscitare nel bambino o ragazzo motivazione, passione ed entusiasmo in quello che fa.
  • Potenziare la sua autostima evidenziando le sue numerose capacità.
  • Acquietare le tensioni emotive e creare quello stato di calma necessario per mettere il cervello nelle migliori condizioni per l’apprendimento.
  • Dare al bambino strumenti per il controllo della sua energia.
  • Fornire al bambino strategie di focalizzazione che lo aiutino ad indirizzare e mantenere l’attenzione sulle cose che ha bisogno di ricordare. E’ un assioma delle neuroscienze: qualunque cosa cresce se le prestiamo attenzione.
  • Adottare un forte approccio multisensoriale che tenga conto del loro stile privilegiato di apprendimento. Questo può fare la differenza nell’acquisizione e nel mantenimento dei dati nella memoria.

Nelle strategie di apprendimento Davis si tiene conto di tutti questi fattori diversi e si arriva ad un effettivo apprendimento che il bambino ricorda chiaramente e che è in grado di utilizzare normalmente per tutte le sue esigenze di lavoro. Così il programma può progredire ed il successo dei vari steps migliora l’autostima e fa da leva alla curiosità e alla voglia di cimentarsi nei successivi apprendimenti.

Il metodo Davis, sorretto da seri principi epistemologici e da una applicazione pratica rigorosa viene incontro alle particolari esigenze di apprendimento degli alunni dislessici consentendo loro di superare le problematiche scolastiche legate alla dislessia.

Dott.ssa Cordelia Migliorini